Apriamo ora il caso Brunetta Leaks: parliamone, tutti. Ognuno dovrà dire la sua di fronte a questo scempio: la sconfitta tennistica di ieri in casa arriva in un momento molto delicato e certifica qualcosa: lassezza? Indolenza? Piedi quadrati? Siamo ormai spacciati?
Il calo della seconda parte di gara è stato evidente. Come mai?
Leak è inglese e significa perdita, fuoriuscita. Queste sono due parole che se ne trascinano appresso altre: la perdita è parente della sconfitta, la fuoriuscita della ferita. Contro un avversario certamente impegnativo e proibitivo, la sconfitta per 0 – 6 è una ferita troppo ampia e profonda perché si rimargini in fretta, soprattutto se, come sottolineato più volte in spogliatoio, il livello tecnico delle squadre nel nostro girone è tutto sommato omogeneo; senza picchi di formazioni ammazza campionato o voragini di compagini materasso, un risultato del genere stona, eccede e per chi lo ha subito diventa sale sparso che brucia.
Tuttavia lo sport permette mirabilia, è in grado di far strabuzzare gli occhi (Leicester docet); allora, dovendo trovare un merito a questo sale e a questo leak, l’invito è quello di pensare alla capacità di spurgare e disinfettare: gettiamo via il marcio che questo girone di ritorno ha radicato in noi. Siano questi sei gol un esorcismo e, da uomini capaci e leali, confidiamo in mamma calcio, nella dea Eupalla protettrice del bel gioco, che allevi questa piaga di bruciore sconfortante soffiando sulle nostre ferite e ci consenta di tornare a giocare.
Che niente ci scalfisca più.