Formazione: 1 –Marco Saglietti; 2 – Roberto Agliata; 3 – Mattia Lucciarini; 4 – Paolo Amorese; 5 – Andrea Cossu; 6 – Ignazio Barraco; 7 – Fabio Trombatore; 8 – Massimiliano Cortassa (cap.); 9 – Matteo Capponi; 10 – Pedro Paulo Mastrogiacomo; 11 – Vincenzo Cristiani.
A disposizione: 12 – Axel Seconetti; 13 – Edoardo Cavalieri ; 14 – Sergio Callipo (45′ pt per Barraco); 15 – Francesco Ianni; 16 – Peppino Licheri (10′ st per Cortassa); 17 –Francesco Stante (20′ st per Capponi).
Reti: Capponi 25′ pt, Mastrogiacomo (rigore) 10′ st, Trombatore 25′ st.
Premessa e primo gol: Manzoni e capponi (che non siamo tranne uno)
Dal Dizionario dei modi di dire:
Il cappone è un gallo castrato in giovane età, le cui carni risultano più saporite di quelle del pollo. Ovviamente disinteressato alla vita sessuale del pollaio, il cappone evita le battaglie di conquista e ha un comportamento docile e tranquillo.
- essere un cappone: in senso figurato può voler dire essere fiacchi, imbelli, di carattere debole o eccessivamente remissivo.
- fare come i capponi di Renzo: in una situazione di disagio comune, accusarne i compagni di sventura e non chi l’ha provocata.
Il detto è preso da un brano del III capitolo dei Promessi sposi, in cui Renzo va a esporre i propri guai all’avvocato Azzeccagarbugli portandogli in dono quattro polli vivi. Nell’agitazione scuote il braccio con cui li regge, e i polli, disturbati, si prendono a beccate tra loro.
Ecco, noi quattro capponi non lo siamo e ieri certamente non abbiamo avuto un comportamento docile e tranquillo, anzi. In queste ultime settimane poi, tenuti a testa in giù dalla classifica (ci siamo messi da soli in una posizione così scomoda), a differenza dei volatili in mano al Tramaglino, stiamo tentando di divincolarci dalla presa in tutti i modi, insieme e senza beccarci fra di noi. Tuttavia un vero Capponi che morde in squadra ce l’abbiamo – per fortuna – e ieri, dopo un primo gol ingiustamente non validato chissà perché, poco prima della mezz’ora, su palla in profondità di Mastrogiacomo, ne ha messo a segno un altro.
Al riposo finiamo un po’ in affanno e inumiditi, ma in vantaggio.
Galletti di rigore e cresta alta
Come sul finire della prima frazione, alla ripresa i padroni di casa, che hanno ormai raggiunto gli obiettivi stagionali prefissati, si spingono in avanti per conquistare il pareggio che, sembra destino, trovano dopo una corta respinta della barriera dopo un tiro di punizione. Le distrazioni in fase difensiva sembrano essere la costante della stagione e, se è vero che dai capponi ormai siamo distanti, dai polli invece proprio no (a proposito di aie, pollai e galliformi, Wikipedia spiega le differenze). Tuttavia, se vogliamo diventare galletti, di quelli un po’ ruspanti, forti e sicuri di loro stessi, forse passare da questa fase è necessario. Perché poi gli attimi di audacia cavalleresca ci sono, tant’è che torniamo quasi subito davanti nel punteggio: è sufficiente una discesa di Lucciarini sulla sinistra steso appena entrato in area per sparigliare nuovamente le carte. Mastrogiacomo dal dischetto spiazza il portiere e la panchina esulta.
I segnali vanno colti, così come le buone occasioni e recuperare un po’ di malizia in questa stagione leggermente disgraziata può essere un segno della cresta che inizia a crescere sopra la testa. E così, passata la paura di una vittoria castrata, si torna a essere sciolti, fluidi, compatti e resistenti. Si tiene botta e alla prima occasione s’incrementa: cross dalla destra per Trombatore che dal limite stoppa di petto e tira col destro, non troppo forte, ma ben angolato e con tanti saluti al portiere avversario. Lontani dalle mura amiche, avanti per tre gol a uno a venti minuti dalla fine, la situazione è rosea, la cresta si alza.
Senza mandarini non è finita fino al triplice
Ora vi raccontiamo un’altra storia, ambientata su un campo che non conosce acqua, ma solo polvere e qualche coraggioso ciuffo d’erba che non si lascia ingiallire fino alla morte dall’arsura: narra la vicenda (un pochino romanzata) di un cesto di mandarini, consegnato da una squadra a un’altra prima di una stanca partita di fine campionato. Che significa? Chissà. Ma se ci si presenta al campo sportivo ospite senza mandarini è normale che la partita sia difficile, tesa fino all’ultimo, come in quel campo di terra battuta (male). E infatti questo succede per i restanti minuti fino alla fine: i padroni di casa alzano il baricentro e pressano, trovando il gol – un rasoterra dalla distanza ben indirizzato che picchia sul palo ed entra; noi in affanno, sbatacchiati come i capponi dell’inizio, ma sempre senza beccarci tra di noi, teniamo duro, a chiappe molto strette in modo che nemmeno la paura passi. Fino alla fine che sembra non arrivare mai.
Capponi o non capponi, mandarini o no, ora, grazie a questa vittoria, abbiamo la speranza che ci tira su il morale per la prossima partita. L’invito è di essere leggeri, di arrivarci consapevoli e spensierati, concentrati e gagliardi, attenti e fiduciosi. A questo serve vincere.