Cari ragazzi,
ogni anno, puntualmente, quando i primi segnali inequivoci della prossima primavera si fanno apprezzare (a parte qualche nevicata extra ordinem) e, quindi, si attende il risveglio della natura e di tutti gli esseri che generosamente concorrono ad alimentare la sua grandiosa bellezza, la Brunetta Calcio è colpita da una proibitiva crisi di identità che la induce ad involversi ed a richiudersi in se stessa, ad esasperare le proprie lacune, a divenire ostaggio delle proprie oggettive carenze al punto da riproporre la domanda (che, poi, è la madre di tutte le domande): ma davvero io sono all’altezza della II Categoria che frequento ormai da qualche anno?
E siccome per risolvere le crisi di identità non è sufficiente trattarne diffusamente in occasione delle sedute settimanali del martedì ove, con santa pazienza, il mister terapeuta tenta di rimettere insieme i cocci della domenica, nella giornata sportiva che sopravviene tutto ciò che di buono si è immagazzinato in allenamento si perde sul campo perché la paura fa 90, gli altri sono 11 leoni e noi 11 pecorelle, loro sono prima di noi in classifica e – per definizione – più forti di noi, non ci siamo mai tutti e quelli che ci sono non sempre sono all’altezza della situazione, la beata ingenuità delle partite tra amici – specie sui calci piazzati – non fa premio sulle furbizie altrui (anche al limite del regolamento), degli arbitri è meglio non parlare e via di questo passo.
In tutta onestà, dopo qualche anno che sento cantare sempre la stessa canzone, non sono più tanto disponibile a darle corda. Invece di cercare altrove ciò che riguarda, prima e soprattutto, noi e di continuare a piangerci addosso, con un rinnovato spirito renziano (da Renzi, presidente del consiglio), sarebbe tempo ed ora di dimostrare ciò che siamo capaci di fare: è un debito che abbiamo con noi stessi; è una cambiale che abbiamo deciso insieme di emettere e che, settimanalmente, va all’incasso (e che noi paghiamo, anche solo in termini di rispetto verso noi stessi); è un modo che ci costringe a guardarci negli occhi per rinnovare, ogni domenica prima di andare in campo, il reciproco patto di impegno a dare tutto per la squadra, fino alla fine, qualunque cosa succeda.
Poi il campo dirà se siamo una accozzaglia di perditempo, un gruppo di (vecchi) illusi, un sodalizio di dilettanti approssimativi o, per lo meno, un manipolo di gente che apprezza di stare insieme e, se possibile, di divertirsi con le (residue) capacità di corsa e di tecnica di cui dispone.
Io continuo a pensare che voi ci teniate a questa nostra squadra e che le ultime, più recenti, sconfitte – alcune davvero clownesche – brucino sulla vostra pelle almeno quanto sulla mia perché, personalmente, sono disponibile ad applaudire il vincitore, il più bravo, a riconoscere la sua superiorità ma, con ancor maggiore convinzione, sono pronto a stringere la mano a chi ci ha messo il cuore e tutto quel che ha per essere fedele a se stesso, al proprio impegno, al reciproco patto di solidarietà che garantisce la solidità di una squadra e cementifica la sua forza.
Perché noi siamo La Squadra, fino alla fine e qualunque cosa succeda!
Con tutto il mio affetto.
Il Presidente