Cumiana – Brunetta 0 – 1

Formazione: 1 – Giuliano Curoso; 2 – Roberto Agliata (cap.); 3 – Edoardo Cavalieri; 4 – Luigi Cordua; 5 – Andrea Cossu; 6 – Ignazio Barraco; 7 – Peppino Licheri; 8 – Bruno Cerra; 9 – Andrea Rosso; 10 – Pedro Paulo Mastrogiacomo; 11 – Vincenzo Cristiani.
A disposizione: 12 – Axel Seconetti; 13 – Mattia Lucciarini; 14 – Niccolò Avataneo (25′ st Cordua); 15 – Alessandro Capezzera; 16 – Sergio Callipo ; 17 – Gabriele Cacarrone (20′ st per Licheri); 18 – Fabio Trombatore (35′ st per Cristiani).
Reti: 30’pt Rosso.
Commento: Al Camusso di Cumiana i padroni di casa in tenuta grigia ci tengono: campo in erba naturale bagnato per l’occasione, strisce laterali tirate a lucido e manto erboso pettinato. Almeno dall’alto della tribuna, il campo di gioco sembra una delizia, a starci sopra forse un po’ meno, qualche buco, qualche avvallamento, ma siamo in seconda categoria, campi così sono già un lusso. Un po’ come il campo, gli avversari si presentano in grande spolvero: a vederli tutti marcantoni, messi in campo con un 4-4-2 quadrato e roccioso; con la palla tra i piedi bum, palla lunga alla ricerca del biondo nove che sponda e sportella, nel tentativo di raccogliere qualche piazzato da buona posizione. Per carità, nessuna critica, ognuno sfrutta le armi che ha: basta che siano efficaci. E sinceramente le loro potevano esserle: dopo una sfilza di calci d’angolo, all’ennesimo, non fosse stato per una prodezza di Curoso a deviare sulla traversa un’incornata del loro difensore centrale, avremmo salutato con un laconico ciao ciao gli zero gol subiti (dopo tre giornate non era mai successo neanche in un mondo parallelo). Invece lo zero alla casella giusta dà le sue soddisfazioni e si difende con le unghie e con i denti.
Poi capita che verso la mezzora si metta il naso fuori dal guscio, si prenda campo, si avanzi con combinazioni centrali e accelerazioni che spezzano in due il fiato dei tifosi: così Cerra si trova in area defilato sulla destra e calcia centrando Cristiani, che a sua volta la butta in mezzo pensando di tirare, ma passando o pensando di passare, ma tirando, in pratica facendo la cosa giusta senza volerlo. E sta palletta rimbalzella trotterella a Rosso abbandonato come un condor in cerca della preda su cui infierire col colpo di grazia: a quel punto arriverà la bordata, la mozzicata all’occhio e invece no, il condor diventa pettirosso e cinguetta di giustezza. Rosso il pettirosso esulta con moderazione, “solo dovere” pensa; la panchina invece esplode, volano seggiolini (smontabili, non abbiamo rotto niente) e un po’ increduli, cinici e puzzolenti come cimici andiamo al riposo sopra di un gol e con qualche ammonito in meno rispetto a loro.
La ripresa non s’è giocata, almeno noi. Loro ci han provato convinti, però se la squadraccia è squadraccia fino in fondo, queste partite le porta a casa anche se sta in trasferta. Anzi, soprattutto in trasferta. Più di una volta in panchina, cadendo dai traballanti seggiolini, qualcuno avrà pensato “mò ce lo fanno”: cross, contro cross, contro e ricontro cross, angolo, “Eeehh, Aahh, arbitro!” “Ma stai in piedi!!”. Tanta pressione, un po’ confusa e affannata, di quelle da squadra di paese con il coltello tra i denti, che oltre ai piedi ci mette il cuore, l’esperienza e il fisico, però la squadraccia sta lì a respingere, come il muretto del gioco muretto. Solidi, decisi, puliti e con charme anche quando la palla finisce nell’iperspazio: questo dice il profeta e i suoi fedeli lo seguono con ardore. Poi l’eterno recupero regala più serenità, si gioca di nuovo, combiniamo a centrocampo e puntiamo: ci fosse stato un terzo tempo, sarebbe stato certamente nostro.
Ai punti e alle occasioni meglio loro, però la casella che conta l’abbiamo sbloccata noi. Quindi? Come la mettiamo? C’è poco da fare, da dire e da contare perché alla fine basta sempre un più uno e ogni domenica questo più uno può cambiare: può essere un più uno di gioco, di cattiveria, di disciplina, di gol, di concentrazione o di atletismo. Oggi è stato un più uno di squadraccia.