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Uniti, da amici. Non mi interessa vincere, per me conta avere voi, compagni di squadra, al mio fianco. Correre per e con voi, da Haidi con un po’ di Brasil e da giaguaro, insieme. Non mi interessano gli sforzi compiuti perché non mi sono mai pesati per merito della compagnia con cui li ho condivisi: ho corso, sudato e faticato; ho riso, gioito e goduto, per le vittorie e le birre, per le sconfitte e le birre, per aver scollinato, per aver tracciato un confine dal quale non posso più tornare indietro. Siete per me un onore, una stella che porto con orgoglio.
Ho capito che abbiamo il talento di essere una squadra: in diciotto, quindici, tredici, undici, se fosse necessario anche in quattro (anche se porta sfiga); e cazzo, avere anche solo uno qualunque di voi vicino, pure in panchina, mi rende felice, nella vittoria come nella sconfitta. C’è un dovere, però, da rispettare per amore di noi stessi: dare il massimo, dare tutto senza sosta, con la piacevole sensazione di essere parte di un gruppo e di avere dei colori da difendere: bianco, rosso o blu, scegliete voi quale, io li prendo tutti, come prendo ognuno di voi per formare la mia squadra, quella preferita.